Lo smart working è ancora utilizzato dalle aziende?

A partire dal 01 gennaio 2023 lo smart working semplificato sarà mantenuto solo per i lavoratori fragili. I lavoratori fragili potranno infatti lavorare in smart working, sia nel pubblico che nel privato, fino al 31 marzo, anche esercitando, se necessario, un’altra mansione. È quanto prevede un emendamento alla manovra approvato in commissione Bilancio della Camera, che non cita invece i genitori di figli under14.

Ma cosa ha cambiato questa modalità di lavoro resa famosa dallo stato di emergenza COVID-19?

Sicuramente il periodo della pandemia ha portato alla luce anche un nuovo modello di lavoro, poco usato prima dell’emergenza e rimasto invece come nuovo modello di lavoro in molte aziende, pecie di grandi dimensioni. 

Se pensiamo alla generazione z che ha avviato i primi passi nel mondo del lavoro proprio in questo periodo ci accorgiamo che il 90% di loro ha mosso i primi passi nel mondo del lavoro proprio in smart working, non conoscendo ancora un altro modo di lavorare. 

Lo smart working è entrato nelle nostre vite in modo travolgente, senza nessuna forma di preparazione da parte delle aziende né dei lavoratori; abbiamo assistito ad orari “selvaggi”, gestioni non pianificate né tantomeno organizzate.
Questo fenomeno ha però portato le persone a riflettere sul loro modello di lavoro, puntando maggiormente alla qualità, al raggiungimento degli obiettivi e ad una leadership autorevole e non autoritaria. Le grandi aziende sono quelle che si sono maggiormente adattate a questo “fenomeno” e lo hanno mantenuto anche successivamente, includendolo in un nuovo modello organizzativo.
I lavoratori, dopo un primo disagio dovuto all’assenza di regole, lo hanno identificato come un benefit al quale non sono disposti a rinunciare. 

Oggi abbiamo due grandi spaccature: quelli che lo considerano un plus e quelli che pensano che le aziende abbiano bisogno della presenza tutti i giorni. 

Come sempre la verità sta nel mezzo: è importante costruire nuovi modelli organizzativi che permettano da un lato la possibilità di restituire alle persone una risorsa preziosa che è il tempo; dall’altro la necessità di creare una “contaminazione” di idee, che si instaura nel lavoro in team, e soprattutto la diffusione della cultura aziendale, che permette alle aziende di andare nella stessa direzione come un organismo e non solo come un insieme di attività.

Quello che è sicuro è che ci vuole una nuova cultura del lavoro che sia “socialmente desiderabile” adatto alle nuove esigenze di benessere del lavoratore, senza dimenticare che la produttività di una persona è legata al suo stato di benessere. 

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